Questa definizione deriva dall’acronimo inglese Potentially Toxic Elements ed è comunemente usata nelle scienze per definire quel gruppo di elementi che si possono ritrovare naturalmente in suoli, acque e sedimenti e che, a seconda della dose, possono rappresentare un pericolo per l’ambiente. Questi elementi sono l’arsenico (As), il cadmio (Cd), il cromo (Cr), il rame (Cu), il fluoro(F), il piombo (Pb), il mercurio (Hg), il molibdeno (Mo), il nichel (Ni), il selenio (Se) e lo zinco (Zn) e il fatto che li rende potenzialmente tossici non è la loro presenza ma la loro concentrazione tipicamente espressa in milligrammi su litro (mg/l) o parti per milione (ppm).
La concentrazione è importante!
Un fattore di potenziale tossicità è il loro accumulo nel tempo e quando superano determinati limiti sono pericolosi per l’uomo, gli animali e l’ambiente. Il loro incremento può essere dato da varie cause, tra cui l’attività agricola, industriale, mineraria o in generale dall’urbanizzazione, che in alcune situazioni favoriscono la presenza di livelli anomali di metalli pesanti. Questi elementi sono pericolosi perché possono entrare nel nostro corpo attraverso il cibo, l’acqua e l’aria, ed è vero che alcuni di loro sono naturalmente presenti nel nostro corpo in tracce e sono essenziali per un corretto metabolismo, ma a concentrazioni elevate sono tossici.
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